DIFESA DELLO STATUS DELLA STORIA NATURALE
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Stephen Jay Gould
arteideologia raccolta supplementi
nomade n. 5 dicembre 2011
OÙ SOMMES-NOUS?
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In nessun altro modo tranne che attraverso questo errore di valutazione dello status che spetta alla storia naturale fra le altre scienze riesco a comprendere il curioso fenomeno che mi diede prima di ogni altro l'idea di scrivere questo libro (LA VITA MERAVIGLIOSA): ossia il fatto che la revisione di Burgess fosse stata così poco notata dal pubblico in generale e anche da scienziati di altre discipline.
Mi rendo conto però che giornalisti Scientifici e divulgatori non consultano le "Philosophical Transactions of the Royal Society" di Londra e che le monografie anatomiche di un centinaio di pagine possono spaventare coloro che non hanno familiarità con la terminologia tecnica.
Ma non possiamo accusare Whittington e i suoi colleghi di avere nascosto le buone notizie.
Essi hanno pubblicato i loro risultati anche nei periodici non specializzati da cui attingono giornalisti scientifici e divulgatori: principalmente "Science" e "Nature".
Hanno scritto una mezza dozzina di importanti articoli di sintesi per i loro colleghi scienziati.
Hanno scritto molto anche per il pubblico generico, compresi articoli per "Scientific American" e "Natural History" e una guida popolare per Parks Canada.
Essi conoscono bene le implicazioni del loro lavoro e hanno cercato di diffonderne il messaggio, anche con l'aiuto di altri (io stesso ho scritto quattro saggi sulla fauna di Burgess per "Natural History").
Perché questa storia non ha fatto presa, o non è stata considerata importante?
Un contrasto interessante, che ci fornisce un indizio per una soluzione, è quello fra le accoglienze modeste riservate alla revisione di Burgess e il successo tributato alla teoria di Álvarez che collega l'estinzione del Cretacico con la caduta sulla Terra di un oggetto extraterrestre.
Io considero queste due scoperte paleontologiche le due più importanti degli ultimi vent'anni.
Penso che abbiano eguale importanza e che raccontino la stessa storia fondamentale (come esempi dell'estrema casualità e contingenza della storia della vita: se decimiamo in modo diverse la fauna di Burgess non ci evolveremo mai; se mandiamo quelle comete in orbite innocue, i dinosauri continueranno a dominare la Terra, impedendo l'origine dei grandi mammiferi, compreso l'uomo). Io ritengo che entrambe le cose siano oggi ben documentate, la revisione di Burgess forse meglio della tesi di Álvarez.
Eppure la asimmetria dell'attenzione pubblica è stata sorprendente.
La teoria dell'impatto di Álvarez e stata presentata sulla copertina di "Time" e in vari documentari televisivi, ed è stata oggetto di commenti e controversie in qualunque sede si discuta seriamente di scienza.
Ben pochi profani hanno invece mai sentito parlare della fauna di Burgess: perciò questo libro era necessario.
Mi rendo conto che questa differenza nell'attenzione riflette in parte semplicemente l'attrazione che noi proviamo per animali grandi e feroci.
I dinosauri richiamano inevitabilmente più attenzione di "vermi" lunghi cinque centimetri.
Io credo però che il fattore più importante - in particolare nella decisione dei divulgatori di evitare di occuparsi dei fossili di Burgess - vada visto nello stereotipo del metodo scientifico e nell'ordinamento sbagliato delle scienze per status. Luis Álvarez, che morì mentre stavo scrivendo questo libro, era un premio Nobel e uno dei fisici più brillanti del nostro secolo; egli fu, in breve, un principe della scienza al massimo livello nella concezione tradizionale.
Le prove a sostegno della sua teoria si trovano nell'uso delle normali tecniche di laboratorio: misurazioni precise eseguite con macchine costose su quantità minime di iridio.
La teoria dell'impatto ha tutto ciò che occorre per piacere al pubblico: camici bianchi, numeri, la fama del Nobel e la collocazione ai vertici della gerarchia delle scienze.
Le ridescrizioni di Burgess, d'altra parte, colpiscono molti osservatori come una sequela di cose buffe una dopo l'altra: esse non sembrano essere altro che descrizioni di alcuni strani animali, in precedenza non valutati nel loro giusto valore, dei primordi della storia della vita.
Io ho molto apprezzato Luis Álvarez per avere elettrizzato il mio campo di ricerca. >
Il nostro rapporto personale è stato caldo, poiché io ero uno dei pochi paleontologi che apprezzarono in principio ciò che aveva da dire (anche se non sempre, retrospettivamente, per buone ragioni).
Ma, nonostante il de mortuis nil nisi bonum, devo riferire che anche Luis potrebbe essere parte del problema.
Mi rendo conto della frustrazione che dovette provare per il fatto che un così gran numero di paleontologi, imprigionati in tradizioni di gradualismo e di cause terrestri, non prestarono mai la giusta attenzione alle sue prove.
Ma spesso Luis criticò aspramente l'intera professione, e la scienza storica in generate, sostenendo, per esempio, in un'intervista già famosa al "New York Times", che "non mi piace parlar male dei paleontologi, ma in realtà non sono scienziati molto buoni.
Essi assomigliano di più a collezionisti di francobolli.
Riconosco a Luis il merito di aver detto a voce alta ciò che molti scienziati del tipo stereotipo pensano ma non osano dire, nell'interesse dell'armonia con i colleghi.
L'ingiuria comune che associa la spiegazione storica col collezionismo di francobolli manifesta la classica arroganza di un campo che non capisce l'attenzione dello storico alla comparazione fra particolari dettagliati, tutti diversi.
Quest'attività tassonomica non è equivalente a leccare linguelle e a sistemare rettangolini di carta colorata in posti preassegnati in un album.
Lo scienziato che si occupa di discipline storiche si concentra su particolari precisi - una cosa divertente dopo l'altra – perché il loro coordinamento e la loro comparazione permettono, attraverso la concordanza dell'induzione, di spiegare il passato con tanta fiducia (se le prove sono buone) quanta Luis Álvarez non potrebbe mai averne per il suo asteroide sulla base di misurazioni chimiche.
Noi non saremo mai in grado di apprezzare la piena portata e il significato della scienza fino a quando non spezzeremo lo stereotipo dell'ordinamento delle varie scienze per status e fino a quando non comprenderemo le diverse forme di spiegazione storica come attività di egual merito con qualsiasi cosa si faccia in fisica o in chimica.
Quando avremo conseguito questa nuova disposizione tassonomica pluralistica nei rapporti fra le scienze, allora, e solo allora, l'importanza della fauna di Burgess risulterà evidente.
Si comprenderà allora finalmente che la risposta a domande come "Perché gli esseri umani sono in grado di ragionare?" risiede nelle vie capricciose della storia contingente non meno (e non meno profondamente) che nella fisiologia dei neuroni.
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Da La vita meravigliosa, di Stephen Jay Gould, cit.
In alto:La tolilette, litografia di Janos Vaszari+1
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